23 ottobre 2012

HIP - POP

Il vero hip-hop, quello per intenderci dei primi anni novanta, è vivo e vegeto. Continua a suonare il beat e a lanciare il flow. Lo continua a fare dall'underground, l'unico spazio rimasto a disposizione dopo che l'industria musicale con i suoi pupazzi-rappers si è mangiata piano piano metro dopo metro di popolarità dell'hip-hop, relegandolo in un angolo. Poco spazio non significa necessariamente morte. Oggi l'hip-hop (grazie al cielo) non è per la massa ma per pochi intimi amici, musica di nicchia e di classe, per chi come me negli anni novanta ascoltava i primi dischi che venivano fuori da Bologna piuttosto che da Torino o Milano. Oggi la scena commerciale è invasa dall'hip-pop che non ha nulla e nulla a che fare con l'hip-hop. Sono due mondi completamente diversi. L'hip-hop suonava e suona ancora su groove storici che spaziano dalla black al funky e dove la melodia si incastra tremendamente bene con la voce. L'hip-pop è musichetta per bambini di quindici anni a cui hanno fatto (i discografici) un bel lavaggio del cervello facendogli credere che quelli che si sentono oggi in radio (radio commerciali) sono i veri protagonisti della scena hip-hop. L'hip-pop è musichetta composta da una base rubacchiata dalle charts inglesi sopra cui il finto rapper di turno ci mette sopra quattro parole senza significato. Ed ecco pronto un bel piatto di merda da spacciare per hip-hop. Oltre tutto in tutta questa confusione musicale non si fa neppure una distinzione tra rap e hip-hop che sono due cose differenti. Ma ormai i media musicali e i discografici sono nel pallone assoluto. E' inutile andare a fare il solito excursus di hip-hop anni novanta ma basta mettere sul piatto Joe Cassano o Neffa per capire che era ed è tutta un'altra storia...

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