15 febbraio 2013

LIBERTA'

L'altro giorno l'assassino di Alenya Bortolotto è tornato in libertà. Mesi fa avevo letto su qualche giornale che c'era la concreta possibilità che uscisse di prigione in quanto poteva beneficiare di buona condotta e condoni previsti dalla legge. Onestamente la notizia mi ha colto un po' di sorpresa. In un certo senso si chiude ancora di più, forse per sempre, questa tragica storia milanese, è come se si chiudesse il cerchio e tutto inesorabilmente tornasse alla sua normalità e quotidianità di sempre, da zero. Una ragazza morta, un uomo libero, il tempo che inevitabilmente ha cicatrizzato il dolore in quasi tutti noi, una città che forse ha dimenticato troppo in fretta questa ferita. Eppure la normalità per le famiglie coinvolte non potrà più esserci e non c'è più stata da parecchi anni. La liberazione di Ruggero Jucker può avere mille significati per la famiglia della povera Alenya e anche per noi tutti che abbiamo assistito da spettatori passivi e increduli. Siamo giustizialisti e siamo garantisti, invochiamo la colpa e lottiamo per l'innocenza. Poi davanti ad una storia purtroppo eclatante come questa, cioè la morte assassina di una giovane ragazza perbene, anche i principi più forti della parola "libertà" possono vacillare sotto i colpi degli interrogativi e dei dubbi. Non ho una risposta adatta per l'epilogo di questa storia, ho decine di teorie dottrinali in testa ma sono sicuro che ognuna di queste non potrà andare bene. La purezza dei sentimenti della famiglia Bortolotto, il non protagonismo che li ha circondati in tutti questi anni, il rispetto che hanno sempre avuto nei confronti della loro giovane figlia, vanno oltre qualsiasi ragione o motivazione o spiegazione che la liberazione di Ruggero Jucker ci spinge a trovare forzatamente. Per la "ragazza di Ipanema" dobbiamo solo restare in silenzio e ascoltare il sollevarsi, sospinta dal vento, di quella foglia da terra...

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