6 agosto 2015

TONDELLI E PAZIENZA

Sono sempre stato attratto dagli eroi negativi e da chi ha avuto la fortuna, il coraggio e la bravura di raccontarli, di immedesimarsi in loro e, in taluni casi, di finire per essere come loro, nel bene o nel male. Seppure in modo diverso e per destini diversi ci hanno lasciato, oggi sento la medesima mancanza di Tondelli e Pazienza. Due uomini reali,  due personaggi di cui loro stessi avrebbero potuto scrivere o disegnare, due caricature forse fuori tempo o forse semplicemente troppo avanti per i tempi che anno vissuto. Tondelli scriveva e Pazieza disegnava, entrambi hanno raccontato senza filtri la realtà che vedevano e di cui si nutrivano. Sullo sfondo delle loro storie, spesso, compare Bologna o l'Emilia. Tondelli è morto malato di aids, Pazienza forse è morto di overdose. Hanno fatto la fine, incosapevolmente o forse no, di quei personaggi che amavano raccontare. Entrambi mi mancano, mi manca la loro arte, mi manca il modo tagliente e dolce con cui riuscivano a inventare una storia, mi manca la loro genialità perversa. Chissà cosa farebbero oggi e chissà che giudizio avrebbero di questi tempi. Dopo Tondelli e Pazienza, senza togliere niente a nessuno, ho trovato spesso il vuoto, tanti bravi scrittori o fumettisti che in molti casi hanno ripreso la strada inventata da questi due pazzi scatenati. Ho visto la casa di Tondelli a Correggio, ho visto la casa di Pazienza a Bologna. Mi sono chiesto se quel paesaggio anonimo potesse essere un ostacolo o invece una risorsa alla loro creatività. Hanno frequentato entrambi Bologna negli anni più pesti e rivoluzionari, hanno fatto parte della generazione anni settanta. Tondelli dice di Pazienza queste esatte parole:  "Andrea Pazienza riuscito a rappresentare, in vita, e ora anche in morte, il destino, le astrazioni, la follia, la genialità, la miseria, la disperazione di una generazione che solo sbrigativamente, solo sommariamente chiameremo quella del '77 bolognese". E ancora: "È questo che la morte di Andrea  mi mette davanti, spietatamente: il lato negativo di una cultura e di una generazione che non ha mai, realmente, creduto a niente, se non nella propria dannazione. Nonostante il successo, nonostante l'equilibrio raggiunto nell'oasi di Montepulciano, nonostante il matrimonio, Andrea è morto – probabilmente per overdose – come uno dei tantissimi coetanei, come uno di quei ragazzi che meglio di ogni altro aveva interpretato e saputo raccontare".

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