2 dicembre 2016

ULTRAS

In questi giorni sto guardando su YouTube alcuni video riguardanti il mondo ultras in Italia. Uno in particolare, che avevo già visto che ogni tanto mi ricapita di vedere, è il video della trasferta a Roma dei tifosi interisti in occasione di una finale di Coppa Uefa. Primi anni novanta. Il filmato è ben fatto e al microfono delle giornaliste parlano direttamente sia i tifosi romani che quelli interisti. Si parla di Boys, Fedayn ,della fede giallorossa e dell'odio che lega le due città. E' stata un'occasione per ripendare a quando ero piccolo. Mio padre mi portava allo stadio, noi andavamo in un settore privilegiato cioè la tribuna rossa. Però il mio sguardo passava sempre dal campo verde alle curve. Sebbene non abbia quasi frequentato una curva, sono stato un attento osservatore e studioso del movimento ultras in Italia. Al di la della storia che ogni curva ha sulle spalle, dal calcio al basket per intenderci, quello che sicuramente è mancato al mondo ultras è un elemento coagulante, un punto di incontro per portare avanti tutti insieme un interesse comune. L'odio reciproco, la difesa per il proprio piccolo orticello da coltivare, i luoghi comuni non hanno mai fatto nascere e vivere un movimento che raggruppasse tutti questi ragazzi che, al di la della fede, potevano lottare insieme come un gruppo per raggiungere certi obiettivi. Il mondo ultras è un mondo difficile da comprendere anche se poi le sue logiche sono abbastanza semplici: tifo, dominio e sopravvivenza. Il problema vero delle curve, cosa che i protagonisti delle stesse tendono a non riconoscere o a negare, nasce quando massicciamente è entrata la criminalità, con tutte le conseguenze che possiamo immaginare. La repressione verso il mondo ultras è anche fortemente legata al fatto che chi l'ha voluta sa benissimo che curva è anche sinonimo di criminalità organizzata. 

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