12 dicembre 2014

PANE QUOTIDIANO

Mi sono alzato molto presto sabato mattina per essere in orario all'appuntamento. Il contatto lo avevo preso qualche giorno prima via mail, la persona con cui avevo parlato, un volontario, si era dimostrato molto disponibile e mi aveva detto che non c'era alcun problema nello scattare delle fotografie anche internamente allo spazio. Il 'Pane Quotidiano' la mia metà. Mentre percorro in macchina la strada che mi porta in viale Toscana penso di essere giusto come tempi e di aver avuto fortuna a trovare un contatto così facilmente. Penso anche che ho tutto il tempo, una volta parcheggiata la macchina, di entrare in un bar e fare colazione. Parcheggio non molto distante dal luogo in cui devo andare, vedo un bar aperto e mi incammino per la colazione, sicuro che intanto alle sei di mattina e con la pioggia non ci sarà ancora nessuno a ritirare il cibo gratuitamente. Con la coda dell'occhio butto lo sguardo verso il viale e mi accorgo invece di sbagliarmi. Il marciapiedi davanti all'ingresso del centro e' già affollato di persone in coda. Mi chiedo tra me e me: 'E adesso cosa faccio?'. Lascio perdere la colazione e penso come potermi preparare a scattare delle fotografie, sarebbe stato meglio se non ci fosse ancora stato nessuno in modo tale che mi sarei preparato con calma. Mi avvicino e più mi avvicino mi sorprendo dal numero di persone che sono li, chissà da che ora della notte, per ritirare un sacchetto gratuito di cibo. Non so come mettermi a fotografare e non so se prima sia meglio entrare, giusto per farmi riconoscere, oppure rimanere fuori e cominciare a scattare dall'esterno. Cammino su e giù per il viale e alla fine decido di mettermi in mezzo alla strada, proprio di fronte all'ingresso dove campeggia il cartello PANE QUOTIDIANO e un sorvegliante cura che la fila sia in ordine. Mentre tiro fuori la macchina penso d'istinto di non essere al sicuro, che sicuramente qualcuno di quegli avventori mi verrà a dire di non fare fotografie o che lui stesso non vuole essere ripreso. Oltre al pericolo della macchine che transitano nonostante sia molto presto. Mentre metto a fuoco e scatto le prime fotografie davanti a tutte quelle persone, avverto la sensazione di essere al centro di un'onda irregolare di uomini donne e bambini, di essere risucchiato dentro ad un vortice da cui non riesco ad uscire, ma mi sento terribilmente solo. Nessuno si cura o presta attenzione a me, a nessuno semplicemente importa nulla che ci sia un 'pazzo scatenato' in mezzo alla strada che fotografa la loro fame. A destra e a sinistra mi passano accanto velocemente come formiche persone di ogni tipo e razza, scendono dal tram, mi urtano, sono un invisibile, accelerano il passo e si preoccupano soltanto di trovare il posto migliore nella fila con la speranza di ritirare qualcosa da mangiare. Faccio un paio di scatti, forse anche troppo belli e sinceri, poi d'istinto lascio perdere e mi incammino lungo il viale per andarmene. Ho dentro un senso di desolazione. Mentre vado verso la macchina, c'è un' anziana con un borsone giallo alla fermata del tram. Sembra vergognarsi quando i nostri occhi si incrociano. Si volta verso la pensilina, quasi per nascondersi, e comincia a mangiare concitata un panino con il prosciutto. Poi si volta verso di me e con la bocca piena mi chiama. Mi giro sorpreso e non sapendo che cosa vuole. Mi dice: 'Ho visto che hai fatto delle fotografie. Sei un giornalista?'. Le rispondo di no, non sono un giornalista e faccio fotografie solo per passione personale. Fa un accenno di assenso con la testa ma sembra non aver compreso la mia risposta. Da un'altro morso al panino e mi dice avvicinandosi: 'La prego signore, non voglio che i miei figli mi vedano che vengo qui tutte le mattine a ritirare da mangiare'. Le sorrido e la rassicuro che non succederà. Mi allontano e per la prima volta in vita mia ho desiderio di piangere in mezzo alla strada, di scaraventare lo zaino contro un muro e gridare 'vaffanculo Stato di merda' . Penso alla dignità di tutte queste persone che sono costrette, spesso non per loro responsabilità, a mettersi in fila all'alba per ritirare del cibo. Penso alla vergogna che spesso devono provare nascondendo questo loro condizione sociale ai vicini o alla famiglia. Penso che alle volte coltivare anche delle passioni personali, come la fotografia, ti porta inevitabilmente ad essere troppo invasivo nella vita altrui e a dover affrontare con coscienza delle realtà molto lontande dal tuo vivere quotidiano. Penso che ciò che ho visto quella mattina all'alba, in una citta 'grandiosa ed europea' come si sente Milano, e' un po' come avere una bestia che ti morde lo stomaco. Penso all'Expo, penso ai muri di facciata, penso ai sorrisi della gente... . Non ho visto solo immigrati, zingari o disadattati, ho visto anche mamme e papà italiani in fila con bimbi alla mano. E' una vergogna per la città e per lo Stato costringere persone, troppo grandiose nella loro dignità, a subire tutta questa umiliazione. Nonostante le promesse che ogni giorno ascoltiamo dalla nostra classe politica e nonostante tutte le questioni di cui si occupano ritenendole fondamentali, fin quando personalmente dovrò ancora assistere a scene simili, per me le istituzioni locali e nazionali avranno sempre perduto.

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