20 agosto 2014

AQUILA

Siamo stati all'Aquila. La citta' che nel 2009 fu colpita dal sisma. Ci siamo andati perche' siamo qui in Abruzzo ma ci siamo anche andati per curiosita', per vedere dopo cinque anni se e come la citta' si e' ripresa da quel tremendo trauma. Degli striscioni sulle facciate dei palazzi in ristrutturazione recitano questa frase: l'Aquila rinasce. Una bella frase che da speranza e ottimismo, parole che sicuramente hanno nel cuore gli aquilani. Purtroppo pero', camminando per la citta' e osservando attento quanto vedevo intorno, mi sono reso conto che queste parole suonano ancora oggi come un'utopia. Purtroppo. La citta' e i suoi abitanti hanno voglia di rialzare la testa e sicuramente lo hanno fatto pero' c'e' molto da fare. Terribilmente tanto. E sono passati cinque anni di vita. Nel centro cittadino ci sono tantissmi operai che lavorano, camioncini che girano e ingegneri o architetti con il caschetto giallo. Ci sono piu' operai che residenti o lavoratori. Ci sono piu' turisti curiosi che residenti o lavoratori. E' una citta' puntellata. Su un muro una scritta: svendo puntelli! Su uno striscione bianco un'altra scritta: mi mancano i militari. Si ha voglia di ironia, di ridere, ma non di dimenticare. Eppure non puoi ignorare le banche, i bar, le botteghe e i negozi vuoti e abbandonati. Una centro cittadino fantasma. L'universita' della citta' completamente abbandonata e dietro, nei vicoli, edifici sventrati e soli. Dal di fuori puoi vedere dentro e ti accorgi, con uno strappo al cuore, che il tempo si e' fermato. Un materasso. Dei libri. Un accappatoio ancora appeso. Un televisore ricoperto di terra. Fa male vedere che tra i pochi edifici rimessi a posto ci sia il Palazzo del Governo. Naturale chiedersi: e gli altri? Cinque anni non sono un po' tanti? Ho fatto un po' di fotografie. Forse in modo un po' curioso ma dovevo farle. Entrare nella vita altrui non e' facile ma un fotografo, professionista o amatore che sia, deve purtroppo essere privo di sentimento e raccontare quello che vede attraverso degli scatti. Tornando verso la macchina mi sono soffermato su un portone di legno. Per terra, appoggiato al portone, un quadro di legno con appiccicate sopra tante fotografie di un ragazzo. Sembrava quasi un modo per ricordarlo. Al di la del portone, nell'atrio, una grade confusione di detriti, secchi e cose varie. L'edificio e' abbandonato. Sul campanello il cognome di una famiglia. Chissa' se sono scampati al terremoto e chissa' dove sono. Chissa' dov'e' quel ragazzo ora? Una sua fotografia si era staccata dal quadretto ed era per terra. L'ho raccolta e l'ho riattaccata al quadretto. Mi auguro solo una cosa: che lo Stato non si dimentichi dell'Aquila.



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