25 giugno 2013

DENTRO DI ME

Sono stato, forse lo sono ancora, un tipo che fondamentalmente è un fondamentalista solitario. Non ho mai amato stare in mezzo alla gente, poi magari quando ci stavo in mezzo mi divertivo anche ma partivo sempre con sani e insani preconcetti. Nessuna colpa, soltanto il mio modo di essere che chiaramente è diverso da chi è un compagnone nato. La vita però riserva delle sorprese, dei campi di passo, delle svolte che vuoi o sei costretto a prendere. Una di queste, per uno come me, è stata quella di socializzare, quindi buttarmi nella mischia, dire la mia, sbagliare, provarci. E' inutile nascondere che sono e rimarrò sempre un animo solitario, non nascondo però neanche che lo stare insieme, il parlare, il confrontarsi, aiuta terribilmente a conoscere il mondo, conoscere se stessi, conoscere gli altri e crescere. In questo periodo, per ragioni varie che spaziano dal lato personale a quello lavorativo, mi vedo "costretto" ad essere presente, a stare in mezzo,  a mettermi in gioco con le mie responsabilità. La paura, se così possiamo chiamarla, è naturale in tutti noi quando affrontiamo una cosa nuova di qualsiasi tipo essa sia, allo stesso tempo però sale una sensazione frizzante nello stomaco come se tu diventassi un esploratore alla ricerca della pietra preziosa e perduta. L'aspetto fondamentale di ogni cosa che capita intorno, anche nuova, è quella di provare a farla. Se poi dovesse andare male ma si è provato a farla, con impegno, allora niente e nessuno potranno portare rimostranze. Per la cronaca sabato sera sono andato a mangiare la pizza con la Susy, sua figlia e una coppia di suoi amici che vive nello stesso complesso. La serata è stata molto piacevole, l'abbiamo chiusa in un locale qui vicino dove suonano gruppi musicali dal vivo. La cosa particolare, interessante, è stata quella di uscire quasi come fossimo una famiglia: io, la Susy, la sua bambina. 

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